Duro intelligere e morbido sentire
il peggio che ci possa capitare.
Sono affezionatissima a questo distico di Patrizia Cavalli perché descrive esattamente le persone che più mi incuriosiscono e con le quali mi sento in sintonia. Antonio, per dire, me lo sono scelto così.
"Duro intelligere". Magari sbaglio ma ho sempre inteso con queste parole l'affondo del pensiero senza sconti, quello che tocca le giunture, che non si ferma finché non ha portato a compimento la sua indagine. Ecco, quando questo modo di vedere le cose si incontra con un sentire "morbido", capace di accogliere, di compatire e sentire l'altro profondamente allora si è dentro a un orizzonte scomodissimo ma, per il mio punto di vista, pienamente umano, contraddittorio, fecondo.
Appena ho conosciuto Giovanna Zoboli sono stata certa che questo "peggio che possa capitare" fosse toccato anche a lei.
Qualche settimana fa ho ricevuto in regalo le sue poesie, due libri.
Prima avevo letto solo un paio di poesie postate sul blog Topipittori che mi avevano molto colpita: una dedicata a un gatto triestino (http://topipittori.blogspot.it/2012/07/il-gatto-dei-topi.html) e l'altra a un particolare della pala di Brera di Piero della Francesca (http://topipittori.blogspot.it/2014/04/ab-ovo.html).
I libri però non li conoscevo.
Me li sono portata a spasso in questi giorni. In particolare durante i colloqui dei figli. È stato interessante. Non solo perché le poesie di Giovanna sono veramente belle, con il suo gusto per il suono, per la chiarezza, la nitidezza della sua ricerca ma anche il senso profondo, la compassione che si legge in ogni pagina e che ha fatto sorgere qualche considerazione come note a margine del pomeriggio speso nei corridoi illuminati dai neon.
Per chi frequenta i colloqui sa che, di norma, più si sale di grado con la scuola più sale il coefficiente di nervosismo e litigiosità degli adulti in attesa. L'ordine in coda non è rispettato, ci si apposta, ci si scruta, qualcuno lascia un figlio, una zia, la nonna a tenere il posto, la geografia dei volti si confonde, saltano i punti di riferimento, le notizie dietro la porta possono essere non ottime, poco soddisfacenti, cattive. E poi c'è la questione tristissima della competizione tra genitori che si riconoscono tra loro nemmeno avessero un cip e si mandano segnali ostili così potenti che friggerebbero un uovo se questo fosse sospeso in aria.
Beatrice ora è al secondo anno del liceo musicale, Giovanni alle medie, Teresa ancora alla primaria. Diciamo che facendo almeno 4 colloqui all'anno per ogni figlio a questa data abbiamo ormai un buon campionario (se ho fatto bene i conti siamo sui 72 colloqui senza contare gli anni della scuola dell'infanzia). Siamo stati abbastanza fortunati con la scuola in genrale, con gli abbinamenti, le classi, gli incarichi annuali, le sostituzioni. Ma anche quando tutto fila liscio può sempre capitare che tuo figlio semplicemente non sia stato "visto", messo a fuoco, che ti parlino quasi di una figuretta piatta, un numerino, un cognome. Come si spiegherebbe altrimenti la gratitudine che proviamo quando un professore dimostra di aver presente (nel bene e nel male) di chi si sta parlando?
Quindi? Quindi è utilissimo portarsi un libro di poesia mentre siamo in fila per ascoltare quello che i professori hanno da dire dei nostri figli.
Per ricordarci che il mondo è molto più grande di quella scuola. Che i nostri figli sono molto più forti, hanno molte più risorse e più potenzialità ma anche che possiedono più lati nascosti, più fragilità, più bisogni di quello che certificano i loro voti. Che mai dovremmo confondere le prestazioni scolastiche con il loro volto. Che tutto è più complesso e occorre una maggior cura dentro e fuori la scuola.
Che il mondo è più bello, più misterioso, più cupo e più luminoso insieme.
Duro intelligere, morbido sentire. Ecco quello che ci serve.
Per i prossimi colloqui, se volete passare un pomeriggio interessante, portatevi un libro di poesia in borsa. Brevi letture. Sbirciatine. Se poi vi prende particolarmente, vorrà dire che qualcuno vi ruberà il posto nella fila ma guadagnerete in pazienza, ampiezza, chiarezza della visione e tenerezza insieme, tornerete a casa con la voglia di dare un bacio ai vostri figli comunque sia andata.
E se volete fare questo esperimento io vi consiglio di cuore La solitudine dell'ospite (Manni) e A Milano nessuno è milanese (LietoColle) di Giovanna Zoboli.
Il suo sguardo è acuto, l'affondo del pensiero potente, alta la compassione che si posa su tutte le cose, sincero il suo sentire e il suo coraggio di nominare anche ciò che non si vede (e che si sa, è la parte che rimane spesso fuori delle griglie di valutazione e non di rado la più interessante).
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