mercoledì 11 maggio 2016
Black hole
Serenamente terrorizzata.
Così risponderei oggi a una delle domande che più spesso mi fanno i ragazzi quando li incontro e cioè: «Come ti senti quando esce un tuo libro?».
Black hole è nato d'estate dopo aver aspettato tutto l'inverno e tutta la primavera. Volevo proprio scriverlo nei mesi di luglio, agosto. Che fosse caldo. I due ragazzi mi giravano in testa da mesi e sapevo che si trovavano dentro una casa abbandonata. Volevo sapere perché e non lo sapevo. Volevo andare a vedere ma avevo anche paura.
Così sono andata a sbirciare un po' di case a metà, non finite, interrotte come erano loro. Ma in realtà non ci sarebbe stato bisogno perché io, una casa così, l'ho proprio conosciuta da vicino. Ho rischiato di rompermi l'osso del collo saltando da una delle sue finestre.
Sono andata anche all'acquapark e ho fatto tutto. Ogni piscina, ogni scivolo. Pure il trampolino pensando che sarei morta già mentre salivo la scala.
Non sono andata a cercare Il Re del cocomero ma giuro che ci sono stata circa venticinque anni fa.
Sono stata a vedere La teoria del tutto in un cinema all'aperto e per l'intera estate ho avuto presente il mio migliore amico che a dodici anni si comprò un telescopio e iniziò a fare fotografie alla Luna.
Ho ascoltato Lana Del Rey.
Sono andata a un concerto di Passenger.
Ho mangiato orsetti gommosi.
Mi sono fermata ogni volta che artisti di strada giocavano con il fuoco, ho osservato le ragazze che facevano volteggiare catene e fiamme.
Ma soprattutto ho provato a scrivere (provato, non so se ci sono riuscita) su un tema difficile che per me era necessario. Come una bestia che giace sul fondo è stato svegliato dal lavoro fatto scrivendo In mezzo alla fiaba.
In realtà mi sono accorta che quello che scrivo non è mai indipendente dal resto che ho già scritto o che sto per scrivere.
Ci sono temi, immagini, parole che tornano con insistenza, riemergono perché ci sono affezionata, perché è proprio vero, perché costituiscono un centro stabile nei miei pensieri.
Altri aspetti invece potrei semplicemente dire che mi perseguitano. Non sono io che li cerco ma sono loro che cercano di stanarmi (mi ha colpita in questo senso una frase di Edward Hopper ascoltata durante la visita alla mostra presente a Bologna: "Io non ho temi voluti consciamente").
In questo libro ad esempio torna una fiaba e torna l'intenzione della voce che compare nel testo che le ho dedicato nella raccolta edita per Topipittori.
Devi scenderle tutte quelle scale
se ti vuoi salvare,
una ad una,
avere paura…
e girare la chiave
anche se tremano i ginocchi
devi aprire capire guardare
mai chiudere gli occhi
davanti al male.
Torna anche un pensiero che è presente in Vetro (Fulmìno). L'immagine della galleria da attraversare per uscire dalla parte opposta. Quando si cresce, quando si attraversa un cambiamento, quando si supera un trauma.
Questa immagine è anche in una poesia ancora inedita. L'ho scritta più di un anno fa dopo aver fatto un sogno straordinariamente reale.
Scelgo questa per salutare questo libro, salutare la ragazza che c'è dentro, augurarle di uscire fuori sana e salva, salutare un po' anche me.
Ho sognato un parco giochi, un tunnel
un tubo d'acqua in cui cadevo
acceleravo al buio
senza freno verso il fondo,
veloce scivolavo giù, scendevo
ho sognato che nascevo.
Il mio grazie a Lodovica Cima che ha accolto questo libro con entusiasmo e generosità.
Qui i link delle due canzoni che mi hanno guidata durante la scrittura:
Holes: http://www.youtube.com/watch?v=glvBbx-K-R8
Summertime Sadness: https://www.youtube.com/watch?v=WEx18ejrvCY
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ciao Silvia, lo leggo volentierissimo prima possibile, grazie
RispondiEliminaun caro saluto
Maria Novella
Messo in lista, mi hai incuriosito, non vedo l'ora di leggerlo.
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