Nello scrivere In mezzo alla fiaba mi ero data un limite stretto. Un testo a fiaba. Questo voleva dire toccare pochi aspetti sceltissimi. Il criterio è stato quello dell'urgenza. Ho scritto ascoltando ciò che emergeva con più forza dalla memoria.
Per Raperonzolo a presentarsi è stata la torre. Senza porte né scale. Un tempo sospeso, prima dell'inizio, una giovane donna chiusa nella torre da un'altra donna.
Mi sono chiesta più volte perché questo simbolo fosse tanto importante per me da essere rimasto intatto. Poi, prima dell'estate, ho incontrato le parole illuminani di Massimo Recalcati nel suo libro Le mani della madre. Desiderio, fantasmi ed eredità del materno (Feltrinelli).
"Mentre l'eredità paterna si snoda attraverso un processo di identificazione idealizzante del figlio al padre, quella materna sembra arrestarsi di fronte all'impossibilità di trasmettere che cosa sia una vera donna. Se la soluzione edipica nell'uomo sfocia nel rafforzamento dell'identificazione al padre e nella sostituzione metaforica della madre con un'altra donna, la donna resta invece una delle incarnazioni più forti, anarchiche, erratiche, senza divisa, impossibile da governare e da misurare, dell'alterità dell'Altro.
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L'inesistenza di un'essenza universale della donna - lo affermava con forza Lacan: "La Donna non esiste, esistono solo le donne" - inchioda la figlia alla madre come luogo originario dover poter reperire i sembianti necessari per costituirsi come una donna. Il problema è che questa identificazione può strutturarsi solo e sempre parzialmente, proprio perchè la Donna in senso universale non esiste, ma ciascuna, una per una, deve trovare la propria risposta all'enigma del desiderio femminile.
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La figlia esige dalla madre la chiave per accedere alla femminilità, ma la madre, ogni madre, manca di questa chiave. La soluzione dell'enigma della femminilità è sempre senza modelli, singolare, antiuniversale, particolarissima."
Forse la torre di Raperonzolo è senza porte né scale, senza serrature né chiavi, semplicemente perché la chiave non c'è.
Invece ci sono i capelli. Un simbolo potente dell'energia vitale e della femminilità. Raperonzolo nella torre cresce, cambia. Tutto sembra uguale e bloccato nel tempo tranne i capelli.
Nella mia poesia ho voluto che sembrassero disciplinati ma che in realtà tramassero una fuga, quella della scoperta.
Ricordo un'intervista di Franco Battiato in cui parlando della sessualità citò una frase attribuita a Rābiʿa al-ʿAdawiyya al-Qaysiyya una mistica araba musulmana vissuta nell'VIII secolo, la più venerata donna sufi, che paragonava la sessualità al fumo che, per quanto tu possa chiudere le porte, passerà attraverso le fessure.
I capelli di Raperonzolo nell'immagine di Arianna Vairo sono diventati scale.
Raperonzolo è una bellissima figura che si staglia nuda, che guarda in faccia la luna mentre una corrente di polveri luminose le unisce.
Sembra tentare di carpire da quella falce sottile qualche segreto che la riguardi.
Forse è quello che non è riuscita a sapere dalla madre.
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