giovedì 19 marzo 2015

La mia invenzione (2)







Questo libro è nato da una visita in classe come ho racconto  qui. E, come racconto, per qualche mese prima di diventare un libro, ha avuto una vita sua nel corso di alcune letture fatte con i bambini.
A maggio raccoglieremo i frutti del lavoro di tante insegnanti della scuola dell'Infanzia e delle classi prime. In questi giorni sto invece ricevendo le prime notizie dei lavori di scrittura di alcune classi quarte che hanno utilizzato il testo per diversi laboratori.




Oggi però parto dal bucato.
Questa mattina mi sono svegliata presto per stirare un ammasso di bucato che non finiva più. Fatto un rapido conto, i vestiti di Teresa, la più piccola, erano i più numerosi. Ed è facile capire il motivo. Teresa passa molto del suo tempo libero in terra, seduta, in ginocchio, stesa a giocare. In casa nostra i figli hanno acquistato la posizione eretta verso i nove, dieci anni. Prima di questo tempo, se li cercavamo, dovevamo guardare giù, non per l'altezza ma per il loro daffare quotidiano attorno ai giochi disseminati sul pavimento, dietro le porte, sotto il tavolo, dietro il divano, sul tappeto.
Poi, di colpo, i più grandi ce li siamo trovati in piedi, seduti alla scrivania, curvi sui compiti, davanti a un leggio per la musica a tenere il tempo con il piede, a girare alla ricerca di un telefono, un computer, delle cuffie.
Ma in principio era il pavimento. E il suono di questo tempo è uno dei più dolci e sorprendenti.
Il gioco silenzioso dei bambini è una delle meraviglie del mondo.
Parlano a mezza voce, muovono personaggi, macchinine, creano percorsi, scenari in cui tutto si muove ed è vivo, cambiano, rimescolano tutto, ricominciano.
Il momento del silenzio è fecondo, creativo, importantissimo.
Quando mi capita di assistere a questo momento così denso e leggero al tempo stesso, mi muovo con calma, accosto porte, spengo aggeggi che possano disturbare.
Il silenzio va offerto e difeso mentre sono tante le volte che i bambini lo sentono come un'imposizione o una minaccia.
Per questo ho voluto che nel libro fosse un'invenzione della protagonista. Mi piaceva che la bambina fosse alle prese con questa invenzione e ne riepilogasse le caratteristiche, una sorta di libretto delle istruzioni per chi a sua volta la volesse provare.


Per varie ragioni sono stata una bambina piuttosto silenziosa e crescendo ho conservato un rapporto piuttosto amichevole con il silenzio.
Ricordo che da ragazzina mi aveva impressionato una pagina dell'Antico Testamento che, dopo una vicenda complicata e fatti cruenti, mostrava il profeta Elia rifugiarsi in una caverna sul monte Oreb.

Dio gli disse: «Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. 

Questo incontro, questo faccia a faccia in un vento leggero dopo lo spavento, mi è rimasto come un invito a cercare e a non scartare il silenzio, la sospensione, il vuoto.
Ho provato una forte attrazione per gli scritti dei mistici e delle mistiche, da questo linguaggio per sottrazione dove il silenzio è l'ultima parola.
E ancora di più dal silenzio per eccellenza della poesia che per me è quello dell'infinito di Leopardi.
Un miracolo di perfezione nei versi, nel pensiero, nel naufragio.




Inutile dire che il silenzio tuttora è importante per me. Nel caos della giornata, mi bastano pochi attimi per fare pulizia, guardare meglio, entrare maggiormente in sintonia con i miei pensieri.

Tra le mie canzoni preferite c'è Un oceano di silenzio, cantata da un giovane Franco Battiato
( "Cosa avrei visto del mondo senza questa luce che illumina i miei pensieri neri?")




Tuttavia il silenzio non è cosa facile. Sulle prime può spaventare, mettere a disagio.
Una volta, in una breve poesia, l'ho pensato come un frutto dalla buccia amara e un cuore dolce.
Qualcosa di segreto, una finestra che si apre, un punto da cui si parte.



Silenzio

Amara buccia, ma dolce
dolce nòcciolo per me -
segreto pasto indiviso
segreto porto,
viaggio improvviso.


E così sono contenta che questo libro vada adesso a incontrare i bambini pronti a salpare per il proprio viaggio improvviso. Io sarò quella che al porto saluta agitando un fazzoletto.




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